Edmondo Zaroli

This interview, carried out by a well-known Venetian cultural magazine, was published in 2007 and is representative of the current cultural situation, as well as of the personality of the interviewee. It is presented in the original language

1. Maestro Zaroli, ci può parlare dei suoi studi e del suo periodo di formazione?

   Forse non è opportuno o elegante riferirlo, ma è la verità, dalla tenera età di quattro anni i miei genitori si accorsero che i miei disegni non erano quelli di un bambino. A cinque anni ricordo perfettamente che un mio zio, maestro d'arte, mi insegnò un giorno a tratteggiare in maniera più ordinata, perchè stavo appunto tratteggiando lo sfondo di una figura. Ricordo ancora oggi con chiarezza, questa scoperta utilissima della quale ho tenuto conto fino ad oggi. Alle elementari la mia maestra portava a far vedere i miei disegni in tutta la scuola. Parliamo dei primi anni cinquanta. In quella epoca difficilmente un genitore o un maestro sollecitavano i bambini a seguire le loro inclinazioni. I problemi della vita erano altri. Nella mia gioventù ho sempre disegnato e dipinto sospinto da una necessità interiore che non era semplicemente quella di applicarmi a queste arti, ma quella di approfondire la mia conoscenza della 'vita' e della bellezza che trovavo dappertutto ma non, purtroppo, nel nel mio ambiente più prossimo. Ero un po' un sognatore e forse un anche pensatore. Nella realtà quotidiana era presente un certo squallore in contrasto con la grandezza della poesia dell'arte. Ovviamente il mio primo interesse erano le arti figurative. In quel tempo era ben difficile disporre di immagini di arte. Tuttavia riuscivo a trovare dei testi in qualche modo, quasi tutti in bianco e nero. Poi dai primi anni '60 la F.lli Fabbri ebbe la brillante idea di pubblicare 'I maestri del colore' (costo 250 Lire). Piccoli fascicoli con la biografia, una buona critica e poche ma belle ed ampie immagini a colori di ogni autore. Questo mi fu utile per ottenere una panoramica vasta sull'arte mondiale che la scuola trattava quasi solo a parole e non in maniera così vasta. Numerose visite a musei, come la Galleria nazionale dell'Umbria, gli 'Uffizi' mi fecero invece constatare la 'sostanza' dei colori sulla tavola e sulla tela. Dalla prima adolescenza ho letto moltissimi libri che nulla avevano a che fare con le arti visive ma con la conoscenza in generale, che non so perchè, cercavo con avidità. Tanti testi erano molto più grandi di me e talvolta non capivo fino in fondo ciò che stavo leggendo, ma continuavo imperterrito ben sapendo che ne avrei afferrato il significato profondo in un momento successivo. Ecco un breve elenco delle mie principali letture: Shakespeare, Kafka, Dostojevskiji e tutta la letteratura russa, Sartre, Lorca, Shaw, Brecht, Ibsen (il teatro preferivo leggerlo che guardarlo anche perchè non avevo la possilità di frequentarlo data l'età), i francesi dell'ottocento e contemporanei come Camus, ma anche i tragici greci. Non ho seguito alcun filone preciso. Trovavo bellezza dappertutto. A quindici anni ho, in un primo momento accettato per breve tempo una certa ideologia per poi rigettarla con sdegno (insieme a tutte le altre che le si opponevano) sembrandomi tutte alquanto limitate e limitanti. Ezra Pound era per me un grande e grande era anche Garcia Lorca. Strana combinazione! Bernard Shaw è uno degli scrittori che mi ha più fatto capire quanto può essere sottile l'intelligenza e formidabile l'ironia. Sartre invece mi raggelava. Ho ascoltato tanta musica. Salvo le passioni giovanili per certi cantanti americani come Ray Charles, per la grande Amalia Rodriguez, per De Andrè, ho ascoltato tanta musica classica. Ero capace di ascoltare un brano che mi affascinava molte decine di volte e lo faccio ancora oggi. Non mi dilungo ulteriormente; sarei noioso, soprattutto in una epoca dove la cultura è stata accantonata e relegata quasi esclusivamente nei suoi propri templi, che pochi vanno a visitare. La risposta alla seconda parte della domanda è: la formazione non finisce mai, anzi in età avanzata si fa sempre più pressante la necessità di sapere. Il sapere è l'unico strumento capace di farti penetrare nel profondo della realtà e vedere oltre questa. Parafrasando Socrate:'Più sai e più capisci di non sapere'. Mancandomi poi una cultura classica che amavo moltissimo ho frequentato per due anni corsi privati di greco antico, tre anni di filosofia e cinque di teologia, ritagliando il tempo dal mio lavoro.

2. Rispetto al passato è cambiato molto nel suo modo di essere e fare l'artista?

   Con il passare del tempo ogni uomo impara cose nuove. Le aggrega le elabora e ne trae linfa per il proprio pensiero. In me è sempre rimasta salda la necessità di sapere e di indagare, di riempire le carenze della mia cultura. Ho scoperto, con sgomento che, nella vita, in ogni materia che studi ci sono cose che non riesci a sapere e di tutte le materie dello scibile umano ce ne sono moltissime alle quali non puoi nemmeno metter mano. Quanto so di geologia, quanto di archeologia, quanto di astronomia o di fisica. Peccato che la vita duri così poco!

3. Le immagini che sceglie sono sempre colorate, ottimiste, piene di fantasia per qualche motivo?

   La mia è una pittura che fa riferimento ad un dipingere molto meditato, molto lento. Non può essere altrimenti per la mia natura. La pittura veloce, gestuale, che è stata in auge per più di centotrenta anni ha fatto ampiamente il suo tempo. L'epoca 'moderno-contemporanea' è ormai stagnante, ripetitiva, stanca, muta perchè priva di meditazione. L'epoca d'oro del rinascimento è durata trenta-quaranta anni ed era un'arte accurata e lentissima. La lentezza della esecuzione permette la contemplazione della realtà ma soprattutto del proprio essere. Si scopre la 'bellezza' che è nascosta, criptata, dappertutto,in ogni piccolo particolare della realtà, anche in un insetto, in una foglia, e la bellezza è gioia di vivere.

4. Che rapporti ha con i critici d'arte e il suo pubblico?

   I critici d'arte avvertono tragicamente, ormai da decenni, la carenza di genio e contenuto filosofico nell'arte contemporanea, ma, dovendo sopravvivere, si aggrappano a tutta la materia che viene loro sottoposta dandone giustificazione e attribuendo ad essa una sostanza che, in realtà, non possiede più. E' Il loro lavoro. Talvolta hanno provato a proporre essi stessi delle nuove idee, movimenti culturali o 'correnti artistiche' alla ricerca di una possibile innovazione ma con scarso successo. Il mio pubblico è formato da persone molto sensibili all'arte ed a messaggi profondi dell'anima decisamente mistici. Questi rappresentano una piccolissima parte del pubblico dell'arte. Posso affermare, con evidente approssimazione, che più del novantacinque per cento delle persone non sa assolutamente nulla di arte. Del restante cinque per cento solo una piccolissima parte percepisce la presenza di un profondo messaggio nelle mie opere. Tutte le altre, non riscontrando alcuna traccia dell'influenza delle tendenze artistiche moderne e contemporanee, semplicemente non capiscono ciò che io propongo e perchè la mia arte è così diversa. Eppure la sola tecnica e la elaborazione dettagliatissima dei miei lavori dovrebbe rappresentare un buon indice del loro profondo contenuto. Ho impiegato fino ad un anno e mezzo per completare un'opera come 'Avila 1'. Su questo genere di dipinto non posso lavorare più di tre, quattro ore in un giorno e spesso mi devo riposare per giorni per pensare e meditare, magari lavorando a qualcosa d'altro finchè non torna il momento giusto.

5. Le commissionano spesso delle opere d'arte?

   Non proprio spesso, soprattutto negli ultimi cinque anni in concomitanza con la enorme crisi economica che la speculazione finanziaria ha scatenato nel mondo. La mia è un'arte che non possiede alcun attributo 'commerciale'. La cultura dell'arte è poi in netta diminuzione. Questo deriva dalla presenza preponderante di una miriade di offerte: da quelle qualificate, che sono pochissime a quelle prive di ogni senso che sono moltissime. Le mie commissioni riguardano ritratti, pannelli decorativi, arte sacra. Negli ultimi sedici anni ho lavorato molto su maiolica per la Ditta Grazia di Deruta che è la Ditta più antica del Mondo nel settore ceramico. Questa struttura è stata fondata prima del 1485 e, con varie vicissitudini è sopravvissuta, nelle mani della stessa famiglia, per cinquecentotrenta anni. Per questa ditta ho realizzato più di seimila opere fra piccole e grandi, quasi tutte destinate agli Stati Uniti di America.

6. Quanto tempo le richiede creare una tela o una serie di creazioni?

   Da qualche ora occorrente per i pezzi più semplici di maiolica a molti giorni per i più complessi. Questa tecnica è, nella mia visione, molto rapida perchè il colore non si deve asciugare ma l'acqua viene assorbita immediatamente. Nella pittura ad olio invece la lentezza è una necessità tecnica. Ho, infatti, rifiutato la tecnica dell'acrilico. Nella pittura ad olio si parla di settimane e mesi fino, come dicevo, all'anno e mezzo che 'con i già detti intervalli' mi è occorso per fare opere come 'Avila 1'.

7. Ci sono delle correnti artistiche o dei maestri dell'arte in cui si riconosce?

   No, riconosco certo che dalla fine dell'800 a gran parte del '900 l'arte ha giustamente rivisitato tutto ciò che era stato realizzato nei secoli precedenti e che si era ormai assestato su una perfezione solo formale, priva di ogni contenuto filosofico e drammatico. Poi questa rivoluzione intellettuale si è lentamente ripiegata su se stessa cadendo nella stessa trappola di quella precedente. Ora l'accademia insegna l'arte che un tempo era rivoluzionaria e che è diventata essa stessa 'accademia'. L'innovazione è diventato un obbligo che funziona ormai così:”Devo fare qualcosa di nuovo che nessuno abbia mai fatto prima.” Questo è un grosso errore ed una grossa trappola. L'artista non può lavorare 'per esclusione' ma deve cercare dentro di sè l'essenza del proprio essere, deve cercare la verità e la bellezza, la drammaticità. Trasmettere sul proprio supporto tecnico la profondità del suo pensiero. Se non c'è un pensiero profondo e un conseguente messaggio non ci può essere arte. Ho sentito una volta in televisione un artista (del quale non ricordo, purtroppo, il nome) dire: << Da che l'arte è entrata nella storia dell'uomo, la verità non è stata nemmeno scalfita.>>. E' proprio così. E' una affermazione molto coraggiosa, molto sincera. Tutto ciò che è stato detto nella storia dell'arte è un nonnulla rispetto a quanto c'è da dire nella vita.

8. Come sta cambiando il mondo dell'arte in questi ultimi tempi Maestro Zaroli?

   Percepisco una involuzione nell'arte, un ripiegamento su sè stessa. in base al principio che le ho detto prima. Se un pittore, vuole fare qualcosa di “originale” prende idee un po' qui ed un po' là e le mette insieme. I critici, purtroppo, li devono assecondare e scrivono il meglio elucubrando giri di parole su concetti ormai privi di qualsiasi valore. Manca completamente la ricerca filosofica. Mancano i geni della poesia, del teatro della letteratura, La civiltà occidentale sta ristagnando in una palude che ne sta uccidendo lo spirito. Oserei dire che l'arte sta morendo a causa del commercio plateale che ne è stato fatto e dell'anima che le è stata sottratta dal denaro e dalla finanza. Ripeto quindi che se non c'è pensiero non c'è arte

9. Attorno a quale cifra si aggira il valore complessivo della sua produzione?

   Il valore commerciale non si può nè si deve dire. Si rischia di parlare di arte come di una merce mentre l'essenza dell'arte è di tutt'altra natura: l'Arte è l'armonia fra l'artista, la sua anima, il creato, gli altri. Il valore delle opere d'arte è esclusivamente spirituale. Quello economico è un accessorio che serve, molto giustamente, a permettere all'artista ed al critico di vivere in maniera che possa esprimersi liberamente: per la storia, per le generazioni a venire. Nel futuro sarà visibile ed apprezzabile solo il rapporto intimo che c'è stato fra l'artista ed contenuto della sua opera.

10. Riceve richieste anche da privati, enti pubblici o fondazioni?

    Solo da privati. Gli enti pubblici un tempo indicevano dei concorsi che oggi sono scomparsi. Se ce n'è qualcuno, rarissimo, il prezzo proposto è talmente basso che non è possibile nemmeno pensare di concorrere, proprio per la presenza preponderante sul mercato di un'offerta di arte a bassissimo costo perchè realizzata in poche ore. Le fondazioni o i musei sono in un circuito a parte. In questo si aggirano le grandi “lobby” che non conosco. Qui c'è il punto dolente: l'Italia è stata estromessa dal mondo dell'arte. L'Italia: patria della bellezza non esiste più a causa dei circuiti dell'alta finanza dei quali non fa parte l'Italia.